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Quasi amici
 in apparenza non ha nulla di eccezionale: favorisce la relazione tra giovani coetanei. Crea il pretesto, fa conoscere i ragazzi e le ragazze , normodotati,  con disabilità e con qualunque forma di svantaggio. Tra questi svantaggi anche quello di essere profughi arrivati sul territorio per fuggire da guerre e persecuzioni nei loro paesi.

Al progetto partecipano, ovviamente,  associazioni e istituzioni. Associazioni ed istituzioni che, dopo aver fatto nascere la relazione,  escono apparentemente di scena, e rimangono all’esterno  perché l’amicizia si sviluppi, in coppia o ancora meglio in gruppo, attraverso la spontaneità. A loro il compito di  intervenire per correggere criticità, per dialogare con le famiglie senza invadere la relazione, di effettuare periodici feedback con tutti gli attori dell’iniziativa.

Quasi Amici  non è nulla di eccezionale ma nello stesso tempo un po’ eccezionale lo è. Per coinvolgere i ragazzi normodotati e gli under 20 con disabilità servono le occasioni. Almeno all’inizio. Perché per un ragazzo o una ragazza pur con disabilità media o lieve come quelle di cui ci occupiamo è molto difficile relazionarsi con i loro coetanei normodotati. Ce lo dicono i fatti, ce lo dice la realtà quotidiana. Il ragazzo disabile, finita la scuola, anche solo quella di tutti i giorni, al pomeriggio non esce di casa, rimane in casa con i genitori. Genitori che vedono, da dietro la finestra chiusa e il loro ragazzo seduto da solo sulla sedia della sua cameretta,  i figli dei coetanei divertirsi tra amici. Una emarginazione subita e tante volte senza una spiegazione apparente. La crescita, la graduale indipendenza dalla famiglia, passa inevitabilmente attraverso l’ amico o l’ amica che diventano il riferimento, il modello da imitare, il veicolo per inserirsi con i coetanei.

Quasi amici non dà la colpa agli adolescenti. Loro non hanno alcuna responsabilità. I ragazzi non sono preparati ad affrontare una diversità che non conoscono, una diversità che, al di là dei formalismi e del comportamento rispettoso, spaventa come può spaventare qualcosa di sconosciuto.

E poi mancano le occasioni di incontro. Occasioni non di facciata, ma vere. Se non ci sono vanno stimolate, attraverso, e non c’è niente di male, l’interesse personale.

Quasi amici ha trovato questo interesse nei i crediti formativi per gli universitari e nel volontariato “obbligatorio” per gli scout.

Leve che il progetto in svolgimento a Carpi dimostrano che funzionano.

Ma creare le occasioni per avviare una relazione non è sufficiente. Occorre accompagnare la relazione, dall’esterno, senza farsi scorgere. Ecco perché  il progetto prevede che le associazioni si occupino dell’abbinamento di  “coppie” potenzialmente compatibili.

Quasi Amici è nato dall’associazione Il Tesoro Nascosto e sta creando relazioni a Carpi (MO), grazie alla collaborazione con la Neuropsichiatria della AUSL, ai Servizi Sociali dell’Unione delle Terre D’Argine (Carpi, Campogalliano, Soliera e Novi di Modena), alla Diocesi di Carpi e dai suoi 11 gruppi Scout, all’Università di Modena e Reggio Emilia, al Comprensivo Scolastico Carpi Due e alla fondazione e all’associazione Progetto per la Vita.

Circa 50 tra studenti e scout (i “quasi amici”) dal 10 gennaio 2016 si incontrano periodicamente, quando lo desiderano e in piena autonomia con i loro nuovi amici, oltre 30 ragazzi con disabilità fisica, sensoriale e mentale medio-lieve.

E poi, da fine Maggio i quasi amici diventeranno amici  con nuovi coetanei, adolescenti o poco più: i rifugiati arrivati sul territorio con Mare Nostrum e Sprar.

Anche così non è sufficiente. Perché non è scontato che i ragazzi e le ragazze normodotati possiedano, alla luce della loro giovane età, gli strumenti per gestire una relazione con un coetaneo un po’ diverso da quelli che normalmente frequentano. Qui entra in gioco l’Università che, oltre a proporre ai ragazzi “quasi amici” l’opportunità,  fornisce ai volontari che hanno dato a disponibilità gli strumenti per vivere al meglio questa avventura.                                                      

Perché questo progetto deve diventare virale?

Perché crea relazioni, la vera emergenza per la società di oggi. Perché Quasi Amici non aiuta solo i ragazzi svantaggiati, ma aiuta tutti i ragazzi. Come nel film di Oliver Nakache, tratto da una storia vera, i primi beneficiari sono proprio i normodotati. Vorremmo pubblicare tutti i ringraziamenti che riceviamo da studenti e scout per l’esperienza che gli stiamo dando l’opportunità di vivere.

Virale quasi amici lo sta diventando. L’Università di Bologna, Scienze dell’Educazione, sta studiando e documentando con le sue telecamere il progetto. Neuropsichiatria, Ufficio scolastico di Bologna, Associazione GRD (genitori ragazzi Down)  e Istituto dei Ciechi Cavazza sono già pronti a partire assieme a noi anche nel capoluogo emiliano dal prossimo settembre.